È possibile trascrivere in Italia la sentenza straniera di adozione da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso?

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9006/2021 del 31 marzo 2021, sembrano aver aperto all’adozione da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso. In realtà, questa possibilità è percorribile solo in pochi casi.

La sentenza in esame, infatti, produce effetti solo in favore dei cittadini stranieri, residenti all’estero.

Restano esclusi dalla portata innovatrice della sentenza, dunque, tutti i cittadini italiani e tutti gli stranieri residenti in Italia. Almeno fino ad un nuovo, auspicato, intervento del legislatore.

La stessa Corte di Cassazione, infatti, ha definito le disposizioni attualmente vigenti in materia di genitorialità come il “frutto di una scelta di politica legislativa, peraltro maturata all’interno di una legge marcatamente espressiva di una delle scelte possibili in un campo eticamente sensibile che deve essere contestualizzata e che può essere ripensata”.

In altre parole, secondo la Suprema Corte, le decisioni politiche del Parlamento non sono conformi al contesto sociale internazionale e al cambiamento dei tempi, e dunque devono essere ammodernate. 

Nela vicenda in esame, in particolare, una Corte statunitense aveva emesso una sentenza di adozione di minore da parte di una coppia formata da persone dello stesso sesso (c.d. adoption order).

I due genitori, di cui uno di nazionalità italiana naturalizzato negli Stati uniti, risiedono stabilmente negli U.S.A.

Il genitore di nazionalità anche italiana ha richiesto la trascrizione della sentenza straniera di adozione nei registri dello stato civile italiano. L’ufficiale dello stato civile italiano ha rifiutato di trascrivere il provvedimento, reputando si trattasse di un caso di adozione internazionale, e dunque di competenza del Tribunale dei minorenni.

Tale genitore ha, quindi, adito la Corte d’Appello di Milano che, invece, ha riconosciuto la propria competenza, escludendo l’applicazione della procedura sull’adozione internazionale, ed ha disposto che l’atto venisse trascritto nei registri dello stato civile.

Il Sindaco del Comune interessato ha proposto ricorso in Cassazione contro la pronuncia della Corte d’Appello e la Corte di Cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite civili, le quali, con la suesposta pronuncia, ha confermato la decisione della Corte D’Appello di Milano, riconoscendo la possibilità di trascrivere la sentenza straniera di adozione nei registri dello stato civile italiano.

Alla base di tale sentenza vi è il principio secondo cui la condizione soggettiva dell’eterosessualità della coppia, pur essendo un concetto ancora presente nel nostro ordinamento, non rappresenta un principio di ordine pubblico internazionale, in considerazione della “continua e crescente attenzione ad una prospettiva maggiormente inclusiva dei modelli relazionali e familiari che richiedono riconoscimento e tutela, realizzata mediante un’interpretazione aperta dell’art. 2 Cost e dell’art. 8 Cedu”.

Non si applica in questi casi, quindi, la normativa sull’adozione internazionale e, conseguentemente, la competenza non è del Tribunale per i minorenni, ma della Corte di Appello.

Gli Ermellini, inoltre, hanno evidenziato la non conformità della normativa italiana sul matrimonio e della riserva di adozione alle coppie etero ai principi di ordine pubblico internazionale, a partire dall’art. 1 della L. n. 76/2016 (c.d. legge Cirinnà) che, nell’introdurre l’unione civile, ha omesso di equiparare lo status degli uniti civilmente a quello dei coniugi in tema di adozione e dall’art. 6 della L. 184/83, che riserva tuttora l’istituto dell’adozione alla sola coppia eterosessuale coniugata.

Secondo la Corte, infatti, la scelta del legislatore nazionale di non equiparare del tutto le unioni omoaffettive alle unioni nascenti dal matrimonio “non può incidere sulla centralità del preminente interesse del minore nelle decisioni che riguardano il suo diritto all’identità e ad uno sviluppo individuale e razionale equilibrato e senza strappi”.

Con particolare riferimento allo status di genitori adottivi, la Corte ha, quindi, preso in considerazione: il principio del preminente interesse del minore (Carta diritti UE, CEDU, Convenzione New York, L. n. 219 del 2012, D.lgs. n. 153 del 2013); il principio dell’autodeterminazione e delle scelte relazionali del minore e degli aspiranti genitori (art. 2 Cost.; art. 8 Cedu); il principio di non discriminazione; il principio solidaristico alla base della genitorialità sociale (L. n. 184/1983, così come modificata dalla L. n.149/2001 e L. n. 173 del 2015), escludendo che l’orientamento sessuale possa ritenersi un elemento incidente sulla idoneità di una persona all’assunzione della responsabilità genitoriale, fondando tale assunto anche sulla mancanza di “riscontri scientifici” contrari.

– Emanuele Maria Marino, Junior Associate

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