Immigrazione e diritti Lgbtq+

Ogni anno migliaia di persone sono costrette a lasciare il proprio Paese perché vittime di violenze e persecuzioni. Tra i motivi più diffusi di tali violenze e persecuzioni vi è sicuramente l’orientamento sessuale.

Si pensi che ad oggi l’omosessualità costituisce ancora reato in ben 71 paesi al mondo, di cui 6 puniscono tale reato addirittura con la pena di morte. 

In realtà la questione è emersa in tempi relativamente recenti: le prime richieste di protezione internazionale per via dell’orientamento sessuale risalgono infatti agli anni ’80 ed è a partire dagli anni ’90 che ci si è iniziati ad interrogare su come applicare la Convenzione di Ginevra del 1951 a casi come questi. 

Tale Convenzione afferma che lo stato di “rifugiato” si applica a chiunque si trovi al di fuori del proprio Paese ed abbia il “giustificato timore” di essere perseguitato per “motivi di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche”. Nel 2011 la Direttiva 2011/95/UE ha espressamente specificato che nella definizione di “gruppo sociale” rientrano anche l’identità di genere e l’orientamento sessuale. 

L’Italia si è dimostrata piuttosto garantista nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo per motivi legati ai diritti LGBTQI+. Si pensi che nell’ordinanza n. 15981 del 2012 la Corte di Cassazione si è pronunciata positivamente sul riconoscimento delle richieste d’asilo basate sull’orientamento sessuale ed ha affermato che, poiché nei Paesi in cui l’orientamento sessuale è criminalizzato le persone omosessuali sono costrette ad esporsi a gravi sanzioni per poter vivere liberamente la propria sessualità, ciò costituisce una violazione di un diritto fondamentale sancito dalla nostra Costituzione, dalla CEDU e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. 

Ciò, secondo la Suprema Corte, “si riflette automaticamente sulla condizione individuale delle persone omosessuali ponendole in una situazione oggettiva di persecuzione tale da giustificare la concessione della protezione richiesta”. 

Più recentemente, con la sentenza n. 11176/2019, la Corte di Cassazione ha affermato che “l’assenza di norme che vietino direttamente o indirettamente i rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso” non esclude di per sé la protezione internazionale, “dovendosi altresì accertare se lo Stato, in tale situazione, non possa o non voglia offrire adeguata protezione alla persona omosessuale e dunque se, considerata la concreta situazione del richiedente e la sua particolare condizione personale, questi possa subire, a causa del suo orientamento sessuale, la minaccia grave ed individuale alla propria vita o alla persona e dunque l’impossibilità di vivere nel proprio Paese d’origine senza rischi effettivi per la propria incolumità psico-fisica la propria condizione personale.” Si tratta di un’apertura molto importante da parte della Cassazione, in quanto permette alle persone omosessuali di ottenere protezione in Italia anche in quei casi in cui il clima di odio presente nel loro paese renda la loro vita insostenibile.  

Lo Studio Legale Giambrone, grazie alla preparazione e alla sensibilità del proprio team di avvocati del dipartimento “GayLawyers”, specializzato nella tutela dei diritti LGBTQ+, è in grado di fornire assistenza qualificata e aiuto a chi vuole ottenere il permesso di soggiorno per asilo politico o a chi, cittadino/a italiano/a e/o straniero/a già residente in Italia, vuole aiutare il/la proprio/a partner ad ottenere il permesso di soggiorno.

 – Martina Iemma, Trainee Lawyer

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